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«Abbiamo cominciato un lungo viaggio cara". Le rispose gentilmente Kitty. «Do-
vrai essere buona e paziente.»
«Può venire anche Hoppy, con me?»
«Certo come faremo senza di lui?»
«Chi è Hoppy, una bambola?"» domandò Regelin.
«Oh, no! Non ho bambole io! Hoppy è un mostro, con le ali. Viene a sedersi sulla
sponda del mio letto e mi racconta le favole. Quando mi annoio, mi basta pensare a
lui perché arrivi. E lo so che mi segue dappertutto,signor Marziano& Conoscete qual-
che mostro voi!»
«Si ne ho visti alcuni.»
Kitty sorrise, poi diventò seria. «È snervante andare così lentamente, quando si sa
di essere inseguiti» disse. «Spero che lo sarà meno, quando saremo di fronte al peri-
colo.»
«Forse sarebbe meglio nascondere in qualche posto voi e la bambina» propose Re-
gelin.
«Non è possibile» ribattei. «Di chi possiamo fidarci? Se anche qualcuno accettasse
di ospitarle, potrebbe ripensarci e denunciarle per prendersi la ricompensa o anche so-
lo per salvare la pelle. E poi i vicini s'incuriosirebbero subito nel vedere gente fore-
stiera, ora quasi nessuno si sposta più.»
Mi fermai presso un distributore di benzina isolato, per vedere se fosse possibile
ottenere del carburante. Non c'era nessuno, ma l'addetto alla pompa doveva essersi al-
lontanato per qualche minuto soltanto, perché la radio funzionava. Stava trasmettendo
un avviso che ci riguardava, e che doveva essere stato ripetuto a parecchie riprese,
dall'alba in poi. I nostri connotati erano dati con estrema precisione. Eravamo accusa-
ti di ribellione, assassinio e complotto. Ci presentavano come pazzi pericolosi, che
dicevano cose alle quali non bisognava dare credito. La popolazione era invitata a
catturarci, vivi o morti, dietro considerevole ricompensa: cento milioni di dollari con-
vertibili, su richiesta del beneficiario in solida moneta marziana. La radio annunciava
che in giornata sarebbero stati distribuiti volantini con la nostra fotografia.
Vidi un uomo dirigersi attraverso i campi verso il distributore. Evidentemente ave-
va visto, da lontano, la nostra camionetta. Avevamo ancora un poco di benzina, per
andare avanti.
«Ci hanno fissato un prezzo molto alto» commentò Kitty.
«Io vi valuto molto di più, Kitty» le dissi stringendole la mano con ardore. Lei mi
gettò una strana occhiata.
Regelin era turbato. «Quando la mia famiglia saprà la notizia& » Incominciò, scuo-
tendo la testa. Non disse altro e quasi immediatamente ridiventò impassibile.
Fu verso la metà del pomeriggio che udimmo la sirena. Avevamo appena attraver-
sato un villaggio. Una macchina stava arrivando da una strada laterale. Il cuore mi
saltò nel petto. «Abbassatevi!» gridai ai miei compagni.
Kitty aveva già posato Alice sul pavimento della camionetta. Regelin si era rannic-
chiato sul suo sedile. Gettai loro addosso una coperta e misi la rivoltella accanto a
me. La macchina ovoidale, verniciata in azzurro, ci raggiunse, ci sorpassò, e si mise
per traverso sulla strada per costringerci a fermarci. Frenai. Un uomo alto saltò a terra
dalla macchina azzurra, un altro armato di fucile mitragliatore era rimasto a bordo.
Erano della polizia di Stato, entrambi giovani dall'aria corretta, come quasi tutti gli
appartenenti a quel corpo.
«Che cosa succede?» domandai. «Qualcosa non và?» mi parve di non aver la voce
molto ferma.
«Fermiamo tutte le macchine per un controllo. Tenete le mani sul volante e non
muovetevi.» Parlando mi teneva la rivoltella puntata contro.
«Perché mai& » dissi.
Mi osservò attentamente e il suo viso si indurì. «Scendete dalla macchina» ordinò.
«E alzate le mani.»
«Ma io non ho fatto niente!» protestai.
«Devo portarvi con noi, per identificarvi meglio. Su, scendete.»
Decisi di tentare il tutto per tutto. «Ma come» dissi. «Voi, uno uomo, vorreste coo-
perare con i marziani?»
Lui fece una smorfia cattiva. «Ah, quindi siete proprio voi! Vi abbiamo preso!»
Gli avevo dato la possibilità di salvarsi, ma l'aveva rifiutata, con la sua risposta.
Ora non mi rimaneva che agire. Lo feci, con la rapidità di un lampo. La mia mano si-
nistra fece deviare la canna della sua rivoltella, mentre con la destra afferravo la mia
pistola. Sparai quasi subito, facendogli saltare le cervella.
Regelin era balzato fuori, e con altrettanta rapidità di riflessi, sparava sull'uomo
che era rimasto nell'interno dell'auto azzurra. Costui rispose con la mitragliatrice ma
non mi colpì, poi crollò. Intorno, i campi erano deserti. Si scorgeva, lontano dietro un
filare di alberi, qualche casa bianca del villaggio che avevamo attraversato e che il so-
le illuminava allegramente. Guardai un attimo, addolorato, i due giovani poliziotti
che avevamo dovuto uccidere. Ma che cosa avremmo potuto fare altrimenti? La posta
di quella avventura era così enorme che non avevo esitato un istante.
Kitty piangeva silenziosamente, come si piange quando si è perduta ogni speranza,
stringendosi sul cuore la bambina, per evitarle l'orrendo spettacolo. Regelin e io tra-
sportammo nella macchina azzurra il cadavere rimasto sulla strada, prendemmo le
armi dei poliziotti, sgombrammo la strada, spingendo la macchina sul ciglio e ripar-
timmo.
Per un buon tratto nessuno di noi parlò.
Kitty si chinò a sfiorarmi le labbra con le dita. Aveva mani gelate. «Siete ferito» mi
disse. «Vi sanguina la bocca.»
«Non è niente» risposi. «mi devo essere morsicato le labbra senza accorgermene.»
Vi fu un nuovo silenzio.
«Non è un assassinio, quello che abbiamo commesso, David» disse poi Regelin. «È
Stato un atto di guerra.»
Per la prima volta mi chiamava col mio nome di battesimo, e c'era calore di amici-
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